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GUILELMO

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1.
ATTO I, SCENA 1 La mia Fiordiligi tradirmi non sa, uguale in lei credo costanza e beltà. No, detto ci avete che infide esser ponno, provar cel dovete, se avete onestà. No no, le vogliamo: o fuori la spada, rompiam l’amistà. Sul vivo mi tocca chi lascia di bocca sortire un accento che torto le fa. Recitativo Fuor la spada: scegliete qual di noi più vi piace. Son donne, ma… son tali, son tali… Terzetto La Fenice è Fiordiligi. Recitativo Scempiaggini di vecchi! Nobil educazion… Analogia d’umor… Immutabil carattere… Proteste… Non si può dar. E mille, se volete. Da soldati d’onore. Tuttissimo. Bravissimo, signor Don Alfonsetto! E de’ cento zecchini che faremo? Terzetto In onor di Citerea un convito io voglio far. Ci sarete, sì signor. E che brindis replicati far vogliamo al dio d’amor!
2.
ATTO I, SCENA 4 Quintetto Sento, oddio, che questo piede è restio nel girle avanti. Idol mio, la sorte incolpa se ti deggio abbandonar. (Te n’avvedi?) Il destin così defrauda le speranze de’ mortali, ah chi mai fra tanti mali, chi mai può la vita amar. Recitativo Non piangere, idol mio. Non farmi, anima mia, quest’infausti presagi. Proteggeran gli dei la pace del tuo cor ne’ giorni miei. Duettino Al fato dan legge quegli occhi vezzosi. Amor li protegge, né i loro riposi le barbare stelle ardiscon turbar. Il ciglio sereno, mio bene, a me gira. Felice al tuo seno io spero tornar.
3.
ATTO I, SCENA 5 Mia vita… Abbracciami, idol mio. Non… dubitar… mio bene… Addio! Mi si divide il cor, bell’idol mio.
4.
ATTO I, SCENA 11 Per la man che lieto io bacio, per quei rai di grazie pieni, fa’ che volga a me sereni i begli occhi il mio tesor. (Or la cosa è appien decisa: se costei non ci ravvisa, non c’è più nessun timor.) Ah Madame, perdonate: al bel piè languir mirate due meschin, di vostro merito spasimanti adorator. Deh calmate quello sdegno! Qual diletto, è a questo petto Amico caro! Ai vostri piedi due rei, due delinquenti, ecco, Madame! Amor… Vista appena la luce di vostre fulgidissime pupille… Farfallette amorose, e agonizzanti… Ed ai lati, ed a retro… Per implorar pietade in flebil metro! Ah barbare, restate! Che vi pare? Le nostre pene e sentirne pietà! La celeste beltà degli occhi vostri la piaga aprì nei nostri, cui rimediar può solo il balsamo d’amore. Un solo istante il core aprite, o belle, a sue dolci facelle, o a voi davanti spirar vedrete i più fedeli amanti. Aria Non siate ritrosi occhietti vezzosi; due lampi amorosi vibrate un po’ qua. Voi siete forieri di dolci pensieri chi guardavi un poco di foco si fa. Non è colpa nostra se voi ci abbruciate; morir non ci fate in sì buona età. Felici rendeteci, amate con noi, e noi felicissime faremo anche voi. Guardate, toccate, il tutto osservate; siam due cari matti, siam forti e ben fatti; e come ognun vede, sia merto o caso, abbiamo bel piede, bell’occhio, bel naso. E questi mustacchi chiamare si possono trionfi degli uomini, pennacchi d’amor.
5.
ATTO I, SCENA 12 Terzetto Certo, ridiamo. Già lo sappiamo. Parlate invano. Ah che dal ridere l’alma dividere, ah che le viscere sento scoppiar. Recitativo Oh cospettaccio, non vi pare che abbiam giusta ragione, Il mio caro padrone? Pagate la metà. E avete ancora coraggio di fiatar? Siamo soldati, e amiam la disciplina. Ed oggi non si mangia?
6.
ATTO I, SCENA 15 Si mora, sì, si mora onde appagar le ingrate. Lasciatemi. L’arsenico mi liberi di tanta crudeltà. Barbare, avvicinatevi; d’un disperato affetto mirate il triste effetto e abbiate almen pietà. Ah che del sole il raggio fosco per me diventa. Tremo: le fibre e l’anima par che mancar si senta, né può la lingua o il labbro accenti articolar. Più bella commediola Non si potea trovar. Più domestiche e trattabili sono entrambe diventate: sta’ a veder che lor pietade va in amore a terminar.
7.
ATTO I, SCENA 16 (Despina in maschera: che trista pelle!) Dove son! Che loco è questo! Chi è colui! Color chi sono! Son di Giove innanzi al trono? Sei tu Palla o Citerea? No, tu sei l’alma mia Dea; ti ravviso al dolce viso e alla man ch’or ben conosco e che sola è il mio tesor. (Dalla voglia ch’ho di ridere il polmon mi scoppia or or.) Per pietà, bell’idol mio, volgi a me le luci liete. Dammi un bacio, o mio tesoro, un sol bacio, o qui mi moro. Un quadretto più giocondo non s’è visto in questo mondo ma non so se finta o vera sia quell’ira, e quel furor. Né vorrei che tanto foco terminasse in quel d’amor.
8.
ATTO II, SCENA 4 Duetto con coro Secondate, aurette amiche, secondate i miei desiri, e portate i miei sospiri alla Dea di questo cor. Voi che udiste mille volte il tenor delle mie pene, ripetete al caro bene tutto quel che udiste allor. Recitativo Amor lega le membra a vero amante. Anzi, madame… No no, parla pur tu. Quartetto (..tace…) …in pace…) Non può quel che vuole, vorrà quel che può.
9.
ATTO II, SCENA 5 Recitativo Certo, certo, son belli: han più foglie che frutti. Come vi piace. Ahimè! Io mi sento sì male, sì male, anima mia, che mi par di morire. Ah che un veleno assai più forte io bevo in que’ crudi e focosi Mongibelli amorosi! Ingrata, voi burlate, ed intanto io mi moro! (Son spariti: dove diamin son iti?) Io mi moro, crudele, e voi burlate? Dunque datemi qualche segno, anima bella, della vostra pietà. (Scherza o dice da vero?) Questa picciola offerta d’accettare degnatevi. Un core: è simbolo di quello ch’arde, languisce e spasima per voi. L’accettate? (La montagna vacilla. Mi spiace, ma impegnato è l’onor di soldato.) V’adoro! Son tutto vostro! Cedete, o cara… Morremo insieme, amorosa mia speme. L’accettate? (Infelice Ferrando!) Oh che diletto! Duetto Il core vi dono, bell’idolo mio, ma il vostro vo’ anch’io, via, datelo a me. Se teco non l’hai, perché batte qui? È il mio coricino che più non è meco: ei venne a star teco, ei batte così. Qui lascia che il metta. T’intendo, furbetta. Non guardar. (Ferrando meschino! Possibil non par.) L’occhietto a me gira. Rimira se meglio può andar. Oh cambio felice di cori e d’affetti! Che nuovi diletti, che dolce penar!
10.
ATTO II, SCENA 8 Recitativo Un ambo o un terno? Niente meno? T’ascolto: di’ pur, su. Avanti. Bravo assai, per mia fé! Ed ella? E poi? Oh cospettaccio! Bravo tu, bravo io, brava la mia Penelope! Lascia un po’ ch’io ti abbracci per sì felice augurio, o mio fido Mercurio. Eppur un dubbio, parlandoti a quattr’occhi, non saria mal se tu l’avessi! Dico così per dir! (Avrei piacere d’indorargli la pillola.) È sempre bene il sospettare un poco in questo mondo. Certo! Anzi, in prova di suo amor, di sua fede questo bel ritrattino ella mi diede. Ove vai? Fermati. Sei tu pazzo? Vuoi tu precipitarti per una donna che non val due soldi? (Non vorrei che facesse qualche corbelleria!) Per Bacco, io non lo so! Amico, non saprei qual consiglio a te dar. Certo un caso quest’è da far stupore! Aria Donne mie, la fate a tanti che se il ver vi deggio dir, se si lagnano gli amanti li comincio a compatir. Io vo’ bene al sesso vostro, lo sapete, ognun lo sa, ogni giorno ve lo mostro, vi do marche d’amistà; ma quel farla a tanti e tanti, m’avvilisce in verità. Mille volte il brando presi per salvar il vostro onor, mille volte vi difesi colla bocca, e più col cor; ma quel farla a tanti e tanti, è un vizietto seccator. Siete vaghe, siete amabili, più tesori il ciel vi diè, e le grazie vi circondano dalla testa fino ai piè; ma la fate a tanti, e tanti che credibile non è; ma la fate a tanti, e tanti che se gridano gli amanti hanno certo il lor perché.
11.
ATTO II, SCENA 9 Caro amico, bisogna far delle differenze in ogni cosa. Ti pare che una sposa mancar possa a un Guilelmo? Un picciol calcolo, non parlo per lodarmi, se facciamo tra noi… tu vedi, amico, che un poco di più merto… Intanto mi darete cinquanta zecchinetti. Come!
12.
ATTO II, SCENA 11 GUILELMO Bravissima, La mia casta Artemisia; la sentite?
13.
ATTO II, SCENA 13 Recitativo Oh poveretto me! Cosa ho veduto! Cosa ho sentito mai! Mi pelerei la barba! Mi graffierei la pelle! E darei colle corna entro le stelle! Fu quella Fiordiligi! La Penelope, l’Artemisia del secolo! Briccona! Assassina… furfante… ladra… cagna… Dov’è? La mia Fior… fior di diavolo che strozzi lei prima, e dopo me. Ah cessa, cessa di tormentarmi, ed una via piuttosto studiam di castigarle sonoramente. Vorrei sposar piuttosto la barca di Caronte. La porta dell’inferno. Ah purtroppo! Così fan tutte!
14.
ATTO II, SCENA 16 Come par che qui prometta tutto gioia e tutto amore! Della cara Despinetta certo il merito sarà. Raddoppiate il lieto suono, replicate il dolce canto, e noi qui seggiamo intanto, in maggior giovialità. Tutto tutto, o vita mia, al mio foco or ben risponde! Sei pur bella! Che bei rai! Tocca e bevi. (Ah bevessero del tossico queste volpi senza onor!) E non resti più memoria del passato ai nostri cor.
15.
ATTO II, SCENA 17 Bravo, bravo! Passi subito. Bravo, bravo, in verità! Cose note, cose note, vi crediamo, ci fidiamo, soscriviam, date pur qua. Che romor! Che canto è questo? Cosa mai sento! Barbare stelle! In tal momento che si farà? Ma se ci veggono? Ma se ci incontrano?
16.
SCENA ULTIMA 03:49
Sani e salvi agli amplessi amorosi delle nostre fidissime amanti ritorniamo di gioia esultanti per dar premio alla lor fedeltà. Richiamati da regio contrordine, pieni il cor di contento e di gaudio, ritorniamo alle spose adorabili, ritorniamo alla vostra amistà. Ma cos’è quel pallor, quel silenzio? Permettete che sia posto quel baul in quella stanza. Dei, che veggio! Un uom nascosto? Un notaio? Qui che fa? Una furba uguale a questa dove mai si troverà! Un contratto nuziale? Giusto Ciel! Voi qui scriveste: contraddirci omai non vale; tradimento, tradimento! Ah si faccia il scoprimento, e a torrenti, a fiumi, a mari indi il sangue scorrerà. Cosa fu? Il ritrattino pel coricino ecco io le rendo, signora mia. Ed al magnetico signor dottore rendo l’onore che meritò Son stupefatte! Son mezze matte. Te lo credo, gioia bella, ma la prova io far non vo’. Fortunato l’uom che prende ogni cosa pel buon verso, e tra i casi e le vicende da ragion guidar si fa. Quel che suole altrui far piangere fia per lui cagion di riso, e del mondo in mezzo i turbini bella calma troverà.

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released January 28, 2023

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ReadOpera Berlin, Germany

ReadOpera is the brainchild of Valentina Codognotto, an Italian native speaker, with twenty years’ experience of teaching Italian diction to opera singers.

As well as teaching at the Academy of Music in Berlin and Weimar, Valentina has worked as artistic language coach with international opera singers on CD and radio recordings and at opera productions.
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