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DESPINA (character) - Così fan tutte)

by ReadOpera

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1.
ATTO I, SCENA 8 Che vita maledetta è il far la cameriera! Dal mattino alla sera si fa, si suda, si lavora, e poi di tanto che si fa nulla è per noi. È mezza ora che sbatto, il cioccolatte è fatto, ed a me tocca restar ad odorarlo a secca bocca? Non è forse la mia come la vostra, o garbate signore, che a voi dessi l’essenza e a me l’odore? Perbacco, vo’ assaggiarlo:… Cospettaccio! Com’è buono! Vien gente. Oh ciel, son le padrone!
2.
ATTO I, SCENA 9 Diamine! Cosa fate? Che cosa è nato? Padrone, dico! Signora Dorabella, signora Fiordiligi, dite, cosa è stato? Sbrigatevi, in buonora. Non c’è altro? Ritorneran. Come chi sa? Dove son iti? Tanto meglio per loro: li vedrete tornar carchi d’alloro. Allora, poi, tanto meglio per voi. La pura verità: due ne perdete, vi restan tutti gli altri. Brave, vi par, ma non è ver: finora non vi fu donna che d’amor sia morta. Per un uomo morir! Altri ve n’hanno che compensano il danno. Han gli altri ancora tutto quello ch’han essi. Un uomo adesso amate, un altro n’amerete: uno val l’altro, perché nessun val nulla. Ma non parliam di ciò; sono ancor vivi, e vivi torneran; ma son lontani, e piuttosto che in vani pianti perdere il tempo, pensate a divertirvi. Sicuro! E quel ch’è meglio, far all’amor come assassine e come faranno al campo i vostri cari amanti. Via via, passaro i tempi da spacciar queste favole ai bambini. Aria In uomini, in soldati sperare fedeltà? Non vi fate sentir, per carità! Di pasta simile son tutti quanti: le fronde mobili, l’aure incostanti han più degli uomini stabilità. Mentite lagrime, fallaci sguardi, voci ingannevoli, vezzi bugiardi son le primarie lor qualità. In noi non amano che ‘l lor diletto; poi ci dispregiano, neganci affetto, né val da’ barbari chieder pietà. Paghiam, o femmine, d’ugual moneta questa malefica razza indiscreta; amiam per comodo, per vanità.
3.
ATTO I, SCENA 10 Chi batte? Ed io niente di lei. A una fanciulla un vecchio come lei non può far nulla. Me lo dona? E che vorrebbe? È l’oro il mio giulebbe. Non c’è altro? Son qua. Lo so. So tutto. Non mi dispiace questa proposizione. Ma con quelle buffone… Basta, udite: son giovani, son belli e, sopra tutto, hanno una buona borsa i vostri concorrenti? E dove son? Direi di sì.
4.
ATTO I, SCENA 11 Che sembianze! Che vestiti! Che figure! Che mustacchi! Io non so se son Valacchi, o se Turchi son costor. Per parlarvi schietto schietto, hanno un muso fuor dell’uso, vero antidoto d’amor. Le padrone! Ah Madame, perdonate: al bel piè languir mirate due meschin, di vostro merito spasimanti adorator. Deh calmate quello sdegno! Mi dà un poco di sospetto quella rabbia e quel furor. Recitativo DESPINA Li conoscete voi?
5.
ATTO I, SCENA 13 Le povere padrone stanno nel giardinetto a lagnarsi coll’aria e colle mosche d’aver perso gli amanti. Io lo farei; e dove piangon esse io riderei. Disperarsi, strozzarsi perché parte un amante? Guardate che pazzia! Se ne pigliano due, s’uno va via. È legge di natura e non prudenza sola. Amor cos’è? Piacer, comodo, gusto, gioia, divertimento, passatempo, allegria: non è più amore se incomodo diventa, se, in vece di piacer, nuoce e tormenta. Quelle pazze faranno a modo nostro. È buon che sappiano d’esser amate da color. Dunque riameranno. “Diglielo”, si suol dire, “e lascia fare al diavolo.” A me lasciate la briga di condur tutta la macchina. Quando Despina macchina una cosa, non può mancar d’effetto: ho già menati mill’uomini pel naso, saprò menar due femmine. Son ricchi i due Monsù mustacchi? Dove son? Ite, e sul fatto per la picciola porta a me riconduceteli: v’aspetto nella camera mia. Purché tutto facciate quel ch’io v’ordinerò, pria di domani i vostri amici canteran vittoria; ed essi avranno il gusto, ed io la gloria.
6.
ATTO I, SCENA 15 Già che a morir vicini sono quei meschinelli, pietade almeno a quelli cercate di mostrar. Chi mi chiama? Cosa vedo! Morti i meschini io credo, o prossimi a spirar. Abbandonar i miseri saria per voi vergogna. Soccorrerli bisogna. Di vita ancor dan segno; colle pietose mani fate un po’ lor sostegno. E voi con me correte: un medico, un antidoto voliamo a ricercar. Questo batte lento lento.
7.
ATTO I, SCENA 16 Salvete, amabiles bonae puellae. Come comandano, dunque parliamo: so il greco e l’arabo, so il turco, il vandalo, lo svevo e il tartaro so ancor parlar. Saper bisognami pria la cagione e quinci l’indole della pozione; se calda, o frigida, se poca, o molta, se in una volta bebberla, o più. Non vi affannate, non vi turbate: ecco una prova di mia virtù. Questo è quel pezzo di calamita, pietra mesmerica, ch’ebbe l’origine nell’Alemagna, che poi sì celebre là in Francia fu. Ah lor la fronte tenete su. Tenete forte! Coraggio! Or liberi siete da morte. Son effetti ancor del tossico, non abbiate alcun timor. In poch’ore, lo vedrete, per virtù del magnetismo finirà quel parossismo, torneranno al primo umor. Secondate, per effetto di bontate. Un quadretto più giocondo non si vide in tutto il mondo quel che più mi fa da ridere è quell’ira, e quel furor. Ch’io ben so che tanto foco cangerassi in quel d’amor.
8.
ATTO II, SCENA 1 Recitativo Andate là, che siete due bizzarre ragazze! Per me nulla. Per voi. Per voi. Siete voi donne o no? E per questo dovete far da donne. Trattar l’amore en bagatelle. Le occasioni belle non negliger giammai! Cangiar a tempo, a tempo esser costanti, coquettizzar con grazia, prevenir la disgrazia sì comune a chi si fida in uomo, mangiar il fico e non gittare il pomo. Io già le faccio. Ma vorrei che anche voi per gloria del bel sesso faceste un po’ lo stesso. Per esempio, i vostri Ganimedi son andati alla guerra? Infin che tornano fate alla militare: reclutate. Eh che noi siamo in terra e non in cielo! Fidatevi al mio zelo: già che questi forastieri v’adorano, lasciatevi adorar; son ricchi, belli, nobili, generosi, come fede fece a voi Don Alfonso; avean coraggio di morire per voi, questi son merti che sprezzar non si denno da giovani qual voi belle e galanti, che pon star senza amor, non senza amanti. (Par che ci trovin gusto.) E chi dice che abbiate a far loro alcun torto? (Amiche siamo in porto.) Anche per questo c’è un mezzo sicurissimo. Io voglio sparger fama che vengono da me. Oh bella! Non ha forse merto una cameriera d’aver due cicisbei? Di me fidatevi. (Che disgrazia!) Io posso assicurarvi che le cose che han fatto furo effetti del tossico che han preso, convulsioni, deliri, follie, vaneggiamenti. Ma or vedrete come son discreti, manierosi, modesti e mansueti. Lasciateli venir. E poi… Caspita! Fate voi. (L’ho detto che cadrebbero.) Quel che volete. siete d’ossa e di carne, o cosa siete? Aria Una donna a quindici anni dee saper ogni gran moda: dove il diavolo ha la coda, cosa è bene e mal cos’è. Dee saper le maliziette che innamorano gli amanti, finger riso, finger pianti, inventar i bei perché. Dee in un momento dar retta a cento, colle pupille parlar con mille, dar speme a tutti, sian belli o brutti, saper nascondersi senza confondersi, senza arrossire saper mentire, e qual regina dall’alto soglio, col posso e voglio farsi ubbidir. (Par ch’abbian gusto di tal dottrina. Viva Despina che sa servir.)
9.
ATTO II, SCENA 4 Animo, via, coraggio: avete perso l’uso della favella? Per voi la risposta a loro darò. Quello ch’è stato è stato, scordiamci del passato, rompasi omai quel laccio, segno di servitù. A me porgete il braccio, né sospirate più. Per carità, partiamo, quel che san far veggiamo: le stimo più del diavolo s’ora non cascan giù.
10.
ATTO II, SCENA 10 Ora vedo che siete una donna di garbo. Corpo di Satanasso, questo vuol dir saper! Tanto di raro noi povere ragazze abbiamo un po’ di bene, che bisogna pigliarlo allor ch’ei viene. Ma ecco la sorella. Che ceffo! Cosa è nato, cara madamigella? Meglio, meglio! Mo brava! Voi non saprete nulla.
11.
ATTO II, SCENA 11 Cosa c’è? E che volete fare? (Comanda in abregé, Donna Arroganza.) Eccomi.
12.
ATTO II, SCENA 14 Recitativo Vittoria, padroncini! A sposarvi disposte son le care madame: a nome vostro loro io promisi che in tre giorni circa partiranno con voi; l’ordin mi diero di trovar un Notaio che stipuli il contratto; alla lor camera attendendo vi stanno. Siete così contenti? Non è mai senza effetto quand’entra la Despina in un progetto.
13.
ATTO II, SCENA 15 Fate presto, o cari amici, alle faci il foco date e la mensa preparate con ricchezza e nobiltà! Delle nostre padroncine gli imenei son già disposti. E voi gite ai vostri posti finché i sposi vengon qua. Una scena più piacevole non s’è vista o si vedrà.
14.
SCENA 17 Augurandovi ogni bene il notaio Beccavivi coll’usata a voi sen viene notariale dignità! E il contratto stipulato colle regole ordinarie nelle forme giudiziarie, pria tossendo, poi sedendo, clara voce leggerà. Per contratto da me fatto si congiunge in matrimonio Fiordiligi con Sempronio, e con Tizio Dorabella, sua legittima sorella, quelle dame ferraresi, questi, nobili albanesi. E per dote e contra dote… Bravi, bravi, in verità! Che romor! Che canto è questo? Ma se li veggono? Ma se li incontrano?
15.
SCENA ULTIMA 01:47
SCENA ULTIMA Non signor, non è un notaio; è Despina mascherata, che dal ballo or è tornata e a spogliarsi venne qua. Una furba che m’agguagli dove mai si troverà! Stelle, che veggo! Al duol non reggo! Io non so se veglio o sogno: mi confondo, mi vergogno. Manco mal, se a me l’han fatta, che a molt’altri anch’io la fo. Fortunato l’uom che prende ogni cosa pel buon verso, e tra i casi e le vicende da ragion guidar si fa. Quel che suole altrui far piangere fia per lui cagion di riso, e del mondo in mezzo i turbini bella calma troverà.

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released January 28, 2023

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ReadOpera is the brainchild of Valentina Codognotto, an Italian native speaker, with twenty years’ experience of teaching Italian diction to opera singers.

As well as teaching at the Academy of Music in Berlin and Weimar, Valentina has worked as artistic language coach with international opera singers on CD and radio recordings and at opera productions.
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